La
Riserva de "I Giganti della Sila" (o di "Fallistro",
dal nome della zona in cui è situata) è una delle aree protette nel territorio del Parco Nazionale della Sila. Qui si
trovano, tra le piante ultrasecolari, ben 58 esemplari di Pino
Larìcio, specie endemica sul territorio calabro, le cui dimensioni
impressionanti le hanno rese famose: vi sono qui, in effetti,
esemplari che superano i 43 metri d'altezza e i 190 cm di diametro.
Muovendosi
lungo il tracciato, della percorrenza di circa 1 km, si attraversa
l'incantevole pineta vetusta (antica), costituita da alberi viventi
dall'età di quasi 400 anni e da piante ormai morte, ma ancora
imponenti per la loro struttura e dimensione. Di quest’ultime
abbiamo due stupendi esemplari, sradicati dalle nevicate dell'inverno
1981, che giacciono adagiati al suolo, sorretti dai loro stessi rami
che, come zampe di giganteschi insetti o di scheletri d'antichi
dinosauri, hanno valso loro il nomignolo affettuoso di "pinosauri":
così, infatti, hanno voluto ribattezzarli i ragazzi delle scuole che
vengono in visita ai Giganti.
Tra le piante, ve ne sono alcune cavate all'interno, che hanno subito la cosiddetta "slupatura", ovvero la pratica di estrazione di schegge di legno resinoso, per lo più utilizzato dai carbonai come combustibile per innescare il fuoco all'interno delle carbonaie o più in generale per l’estrazione della cosiddetta “pice nigra”, o pece nera, sfruttata come combustibile sin dall’antichità; nella cavità di queste piante slupate, è evidente uno strato che appare come carbonizzato: l'incendio della parte cava di questi esemplari è stato alle volte accidentale, altre volte è stato acceso appositamente allo scopo di cauterizzare l'ampia ferita delle piante che avevano subito questa pratica, ormai vietata, che lasciava questi alberi “sofferenti” e spesso destinati per questa via alla morte. Paradossalmente, questa ustione della pianta ha creato una sorta di corteccia posticcia con questa parte carbonizzata che ha evitato alla pianta infezioni da fitopatogeni e il disseccamento dovuto al possibile svuotamento dei suoi condotti linfatici esposti dalla slupatura. Tali piante appaiono oggi come vere "grotte"; non era infatti insolito che esse venissero utilizzate come ricoveri notturni dai pastori che attraversavano l'altopiano durante la transumanza.
Tra le piante, ve ne sono alcune cavate all'interno, che hanno subito la cosiddetta "slupatura", ovvero la pratica di estrazione di schegge di legno resinoso, per lo più utilizzato dai carbonai come combustibile per innescare il fuoco all'interno delle carbonaie o più in generale per l’estrazione della cosiddetta “pice nigra”, o pece nera, sfruttata come combustibile sin dall’antichità; nella cavità di queste piante slupate, è evidente uno strato che appare come carbonizzato: l'incendio della parte cava di questi esemplari è stato alle volte accidentale, altre volte è stato acceso appositamente allo scopo di cauterizzare l'ampia ferita delle piante che avevano subito questa pratica, ormai vietata, che lasciava questi alberi “sofferenti” e spesso destinati per questa via alla morte. Paradossalmente, questa ustione della pianta ha creato una sorta di corteccia posticcia con questa parte carbonizzata che ha evitato alla pianta infezioni da fitopatogeni e il disseccamento dovuto al possibile svuotamento dei suoi condotti linfatici esposti dalla slupatura. Tali piante appaiono oggi come vere "grotte"; non era infatti insolito che esse venissero utilizzate come ricoveri notturni dai pastori che attraversavano l'altopiano durante la transumanza.
Lungo
il tracciato, è facile imbattersi nello scoiattolo nero, lo "sciurus
meridionalis", piuttosto diverso dallo scoiattolo comune
presente nel resto della penisola, per via del suo manto, appunto
nero sul dorso e bianco sul petto, e per le sue dimensioni, maggiori
rispetto a quelle dello scoiattolo comune. E’ inutile tentare
d'avvicinarlo, essendo un animale selvatico poco avvezzo alla
presenza dell'uomo, ma non è comunque insolito che, incuriosito, si
soffermi a spiare il visitatore dai rami di un albero dove sta
consumando il proprio pasto a base di noci, pigne e funghi, e che ne
lanci i resti contro i visitatori. La riserva include inoltre alcuni
esemplari ultrasecolari di Acero Montano, presumibilmente coetanei
del Casino Mollo, poiché impiantati ai margini del viale dello
stesso, probabilmente allo scopo di proteggere il Casino dalle
correnti fredde di Ponente. La loro età, perciò, dovrebbe aggirarsi
attorno ai 380 anni. Esse accompagnano il visitatore nel cammino
verso il Casino e fino all'accesso alla pineta, fornendo già
all'arrivo un assaggio dello stupore che inevitabilmente si proverà
una volta al cospetto dei veri e propri Giganti. La Riserva è,
inoltre, accessibile anche a chi ha disabilità fisiche: due comode
passerelle in legno attraversano le parti più antiche del bosco,
consentendo a tutti di poter ammirare da vicino i Giganti.
L'importanza
della Riserva, oggi, è forse più facilmente comprensibile se si
pensa che queste magnifiche piante sono tra le poche sopravvissute
all'ultima e più drammatica vicenda di disboscamento in Sila,
risalente alla seconda guerra mondiale, quando Inghilterra e U.S.A.
tagliarono tronchi come dazio di guerra. Ecco che, quindi, camminando
tra questi "mostri" naturali, si ha l’ormai rara
opportunità di essere testimoni dell'antica grandezza del “Gran
Bosco d'Italia” (chiamato così per la sua grande estensione
boschiva) per come appariva secoli e secoli fa. La riserva, di
proprietà del Parco Nazionale della Sila, nel Giugno del 2016, è
stata concessa in gestione al Fondo Ambiente Italiano (FAI).
+info
Riserva I Giganti della Sila
Loc. Croce di Magara - Spezzano della Sila (CS)
Tel: +39 366 61 52 986 / +39 342 80 23 512
Sito web: www.gigantidellasila.it
E-mail: faisila@fondoambiente.it
Giorni di apertura: tutti i giorni
Orari di apertura: 10-17