Come nasce la tua passione per la
cucina ?
Nasce per curiosità prima e per
esigenza aziendale poi. Mentre studiavo all’università per
diventare direttore d’albergo decisi, oltre alla sala, di “visitare”
tutti gli altri reparti della mia struttura, così quando entrai in
cucina capii che quello era il mio posto.
Un piacevole ricordo d'infanzia legato
alla cucina calabrese.
I miei ricordi sono immagini e profumi, soprattutto legati alla sfera sentimentale. Il ricordo più bello
infatti è legato al pomodoro, quando mia nonna metteva in cottura la
salsa per il ristorante, un pentolino cuoceva a parte e prima che
terminasse di cuocere l’avevo già mangiato tutto inzuppandoci il
pane.
Se dovessi ideare un piatto da
presentare ad una competizione internazionale di cucina e potessi
scegliere di usare solo due prodotti tradizionali della tua regione.
Quali sceglieresti e perchè ?
Sicuramente per quanto vi sia legato
non porterei né la ‘nduja, né la cipolla, né la liquirizia:
sarebbe troppo semplice e banale. Probabilmente userei la melassa di Fichi dottati, tipica di Cosenza e la sua provincia, e il Cedro, non
tanto per la sua particolarità, ma soprattutto per aiutare i
produttori che da qualche anno stanno abbandonando le coltivazioni.
La cucina è un veicolo importantissimo
per la promozione del territorio. Quali sono i piatti tradizionali
che, secondo te, rappresentano maggiormente la Calabria e perché ?
Il problema più che grande che
Calabria ha avuto dal punto di vista gastronomico è che è ricca di
materia prima ma povera di ricette, come se fosse mancato nel tempo
il passaggio culturale dalla materia prima alla ricettazione. Questo
ovviamente non significa che ogni comune, contrada o ancor di più
famiglia non abbia il proprio patrimonio culturale gastronomico,
bensì che sono talmente circoscritte che non si può parlare di
cucina calabrese. In ogni modo, attingendo dal mio background silano, posso certamente mettere in risalto le Minestre maritate, la Pitta
‘mpigliata e l’Agnello peperoni e patate.
Se potessi scegliere tra 1 stella
Michelin assegnata al tuo ristorante o l'inserimento della tua Sila
nella lista dei Siti patrimonio dell'Umanità Unesco. Per cosa
opteresti e perchè ?
Considerando che la Sila è talmente
bella che è solo una questione di tempo, opterei per la stella
Michelin ad Hyle. Scherzi a parte, ovviamente per l’inserimento
della Sila tra i Siti patrimonio dell’Unesco, innanzitutto perché
credo lo meriti come territorio, ma egoisticamente perché in questo
modo oltre ad avere un indotto turistico avremmo anche delle regole
più severe per vivere in armonia con la natura che ci circonda.
A quale chef internazionale ti ispiri
od a chi vorresti chiedere dei consigli ?
In realtà a tutti, poiché ognuno
potrebbe darmi qualcosa per migliorare, ma sicuramente tra i miei
preferiti, non solo per i piatti ma anche per il modello gastronomico
che hanno creato, mi sento di citare Renè Redzepi, Rasmus Kofoed
entrambi a Copenaghen ma diametralmente opposti, la visione bucolica
di Michel Bras, il modo di mettersi in gioco e guardare il mondo con
occhi diversi dei fratelli Adrià o anche l’approccio scientifico
di Angel Leon e David Munoz. La lista sarebbe ovviamente lunghissima,
ma mi piacciono tutte le persone che ragionano in chiave critica su
ogni ingrediente e su ogni tecnica.
Ci parli del tuo nuovo progetto
ristorativo Hyle ?
Hyle è un punto
di arrivo e allo stesso tempo di partenza della mia cucina. Di arrivo
perché segna l’evoluzione del mio concetto di gastronomia, di
partenza perché non sono mai fermo e sento sempre il desiderio di
sperimentare e provare nuove strade. Semplificando si può parlare di
un’offerta che ha alla base la ricerca e lo studio della materia
prima, così come delle tecniche e dei procedimenti utilizzati per
lavorarla, oltre che di una visione di sala che vede una grande
interazione tra chi cucina e presenta i piatti e l’ospite, che
viene accolto in un ambiente caldo e confortevole, in cui può vivere un’esperienza gastronomica a 360 gradi, che non si limita alla degustazione del piatto, ma che coinvolge più sensi.
Lock down e Misure
anti Covid-19. Come cambierà il mondo della ristorazione nei
prossimi mesi ? Saresti favorevole a soluzioni quali il Delivery e il
Take-away ?
Credo che tutto tornerà alla
normalità, ma il vero problema è il lasso di tempo tra oggi e il
giorno che ciò accadrà. Credo che riuscirà a sopravvivere chi nel
frattempo avrà scomposto e ricomposto la propria azienda, chi avrà
quindi individuato fonti di business alternativi, oltre ad avere
ovviamente una buona base aziendale. Non mi sono precipitato nel
delivery, perché non ci ho creduto, ma soprattutto perché non sarei
stato capace di farlo come dico io, perché credo che spesso vince
non chi arriva prima ma chi arriva meglio.
Qual è il posto della Calabria che più
ti affascina e che consiglieresti di visitare ?
Dire la Sila mi sembra scontato e
banale, ma in generale l’entroterra della Calabria. L’ho sempre
trovato più interessante non solo per le bellezze paesaggistiche, ma
perché la cultura calabrese è radicata nella collina e nella
montagna. Il mare è sempre stato il
nostro tallone d’Achille, il posto da dove venivamo attaccati e
sottomessi. Così ci siamo sempre rintanati nell’entroterra, ed è
qui che abbiamo piantato la nostra cultura.
La tua prossima “creazione culinaria”
svelata, in anteprima, ai lettori di VisitCalabria.it.
Ci regali la ricetta ?
Il piatto si chiama “Assemblamenti”,
ed è ancora un prototipo che entrerà nel nuovo menù di Hyle. Il
nome fa il verso ad assembramenti, ma con la “l”, poiché alla
fine un piatto è il frutto di assemblaggi. In particolare questo è
nato per il Cipolla Tropea Party, quindi il focus del piatto è la
cipolla, che viene cotta e riempita con una mousse di fegato di
vitello, delle ciliegie in carpione (con il suo fiore) e un brodo di
funghi, floema di thuia e cardamomo, anche se ancora da definire bene
il contorno gustativo siamo già sulla buona strada.
Ingredienti
Per le cipolle
3 cipolle rosse di Tropea
Per il fegato
200 fegato di vitello
38 olio extravergine d'oliva
8 scalogno
25 cipolla (recuperata)
2 aglio
8 guanciale
2 alloro
35 acqua
sale q.b.
aceto di xeres q.b.
Per il brodo
1000 acqua
60 cipolla
15 porcini secchi
20 floema di thuja
6 cardamomo verde
1 liquirizia
Per la ciliegia
50 ciliegia
60 vino bianco
25 aceto di mele
collo di cipolla (recuperato)
1 spicchio d'aglio
salvia q.b.
zucchero q.b.
sale q.b.
Procedimento
Per le cipolle
Eliminare il collo e le radici e
mettere da parte. Cuocere le cipolle in forno a 180° per 15’
coperte da sale grosso. Raffreddare e con l’aiuto di un cucchiaino
svuotarle recuperando la polpa. Salarle all’interno.
Per il fegato
Rosolare da entrambi i lati il fegato.
Stufare nell’olio lo scalogno, la cipolla, l’aglio privato
dell’anima, il guanciale e l’alloro. Versare entrambi i composti
all’interno di un termo mix e frullare con l’aiuto dell’acqua.
Regolare di sale e acidità. Setacciare e inserire la mousse in un
sac a pochè.
Per il brodo
Tagliare a spicchi e rosolare in
padella la cipolla senza grassi. Inserirla nell’acqua fredda
insieme ai porcini, il cardamomo schiacciato e lasciare cuocere a
fiamma bassa per circa 30’. Aggiungere il floema e la liquirizia e
lasciare in infusione per una notte. Filtrare e sistemare di
sapidità.
Per la ciliegia
Scaldare vino ed aceto con sale e
zucchero, finchè non si sciolgono perfettamente. Aggiungere lo
spicchio d’aglio privato nell’anima e le foglie di salvia per 5’.
Filtrare e inserire all’interno le ciliegie tagliate a metà e
private del nocciolo.
Composizione
Farcire le cipolle svuotate con il
fegato di vitello. Rosolare appena in padella con un filo d’olio
extravergine, uno spicchio d’aglio, rosmarino, timo e salvia.
Adagiarle in un piatto fondo. Versare il brodo caldo. Completare con
le ciliege in carpione, fiori di ciliegio e fiori di tarassaco.