La colonizzazione greca dell’Italia
meridionale e quindi anche della Calabria ha inizio nell’VIII°
secolo a.C. Miti e leggende ci parlano però della
presenza greca sul nostro territorio già molti secoli prima, al
tempo della guerra di Troia (XIII° secolo a.C). Sembra infatti che
molti eroi greci approdarono sulle nostre coste a guerra finita e vi
fondarono diverse città. A Temesa (presso l’attuale Amantea) vi
era un Santuario dedicato a Polite, amico di Ulisse, che fu lapidato
dalla popolazione e gettato in mare per aver violentato una giovane
vergine di Temesa.
Il territorio che va da Taranto a
Reggio sul versante ionico e che poi risale fino a Cuma, in Campania,
fu definito dagli storici greci e romani Magna Grecia (Megale
Hellàs). L’appellativo di grande Grecia non è da ritenersi
necessariamente indicativo di una superiorità rispetto alla Madre
Patria. Alcuni storici ritengono che il significato fosse di natura
religiosa, ovvero la Magna Grecia fu senza dubbio caratterizzata da
strutture templari superiori a quelle della Grecia. Basta pensare al
Tempio di Hera Lacinia a Crotone che era meta di pellegrinaggio da
ogni parte del mondo greco.
Sibari
Sibari fu fondata da greci provenienti
dall’Acaia, ovvero achei. L’anno di fondazione deve collocarsi
attorno al 720 a.C. Questi greci provenivano sicuramente da almeno
due città dell’Acaia, Bura ed Ege tant’è che giunti sulle coste
calabre diedero il nome di Sybaris e Crathis ai due fiumi che
scorrevano attorno a Sibari e che si rifacevano a due fiumi delle
rispettive città di origine. Questi due fiumi avevano proprietà
miracolose, guarivano gli infermi, e inoltre chi si bagnava nel
Crati, sia uomo o animale, assumeva una chioma bionda, mentre chi si
bagnava nel Sibari assumeva una chioma scura. L’ecista acheo,
ovvero il comandante della spedizione che fondò Sibari si chiamava
Is (o Ois) e fu ricordato anche nelle monete di Poseidonia (attuale
Pestum), subcolonia di Sibari. Diodoro Siculo narra che Sibari aveva
300.000 abitanti. Sibari comandava 25 città più piccole. Le
principali fonti di ricchezza di Sibari erano la produzione ed
esportazione di olio, frumento e vino e l’allevamento di cavalli.
Venivano inoltre mercanteggiate ceramiche e tessuti pregiati. Grazie
alle miniere d’argento presenti sul territorio tra Corigliano e
Longobucco, la città coniò le prime monete incuse già a partire
dalla prima metà del VI° secolo, prima ancora di Atene. In queste
monete viene raffigurato il fiume Crati con le sembianze di un Toro. Il potere a Sibari era nelle mani di
poche famiglie aristocratiche fino a quando Telys, esponente del
partito democratico, organizzò una rivoluzione e assunse il potere
scacciando le famiglie nobili dalla città. Queste si rifugiarono a
Crotone, dove furono accolte anche grazie a Pitagora che qui aveva
fondato la sua Scuola.
Kroton
Kroton fu fondata come sibari da greci
achei più o meno nello stesso periodo (734 – 709 a.C).
L’ecista Myskellos guidò la
spedizione sul luogo indicato dall’Oracolo di Delfi, quindi dal dio
Apollo il cui simbolo, il tripode delfico, viene riportato nelle
prime monete di Kroton. Alla spedizione partecipò anche Archia,
l’ecista di Siracusa. Fu alleata di Sibari e Metaponto nella
distruzione di Siris (540 a.C circa) e presto entrò in confritto con
Locri. I Locresi aiutati dai reggini ebbero la meglio nella battaglia
del fiume Sagra malgrado la netta inferiorità numerica. Poco dopo la
disfatta giunse in città il filosofo Pitagora da Samo. Qui fondò la
scuola pitagorica. In poco tempo Kroton divenne più potente di
Sibari e riuscì a distruggerla nel 510 a.C. La scuola Pitagorica
divenne il fulcro di questa nuova rinascita. I pitagorici credevano
nella trasmigrazione dell’anima per cui non si nutrivano di carne e
avevano una grande cura del corpo considerato il contenitore
dell’anima. La cura del corpo portò alla nascita di numerose
palestre e di atleti formidabili come Milone di Kroton che vinse più
volte le olimpiadi. Addirittura in un’edizione i primi 7
classificati furono tutti di Kroton. Personaggi importanti di Kroton furono
Milone, vestito da Eracle guidò i crotoniati nella vittoria contro i
Sibariti e vinse diverse volte le Olimpiadi; Pitagora, filosofo,
originario di Samo, acquistò qui la sua fama istituendo la scuola
pitagorica. morì a Metaponto.
Locri Epizefiri
Locri Epizefiri f fondata dai Locresi
Opunzi e Ozoli della Madre Patria sul Capo Zefirio (da cui prese il
nome) intorno alla fine dell’VIII° secolo a.C (Strabone). I Locresi rimasero solo alcuni anni sul
Capo Zefirio poi si spostarono vicino alla fiumara di Portigliola
dove si stabilirono definitivamente.
Secondo Aristotele la città fu fondata
dalle donne Locresi e dai loro schiavi poichè i mariti erano
impegnati da anni nella guerra in Messenia al fianco di Sparta. Ciò sarebbe testimoniato dalla grande
importanza che ebbero le donne a Locri. Le famose “cento case” di
Locri appartenevano alle famiglie dalle quali si sceglievano ogni
anno le vergini da mandare a Ilio (Troia) per placare l’ira di
Atena contro Aiace Oileo che aveva violentato Cassandra nel suo
Tempio. Ancora oggi a Locri è presente una discendenza delle
famiglie delle cento case. Locri è famosa per i suoi Pinakes che
spesso raffigurano il mito del rapimento di Persefone da parte di Ade
o scene dionisiache. Notevole fu anche la produzione di oggetti in
bronzo come gli specchi, e la produzione di Ceramica a vernice nera
con figure rosse o nere. Nel Museo di Locri e in quello di
Reggio sono presenti ricche testimonianze del passato splendore di
questa Polis. Locri è famosa anche per aver dato i
natali al legislatore Zaleuco, famoso al pari di Licurgo di Sparta e
Solone di Atene, o anche Caronda di Katane (Catania) in epoca antica. Locri era fondata su un potere
aristocratico (quello delle cento case). Furono emanate leggi per il
contenimento del lusso, l’inalienabilità dei lotti di terra
assegnati, ma anche la legge del taglione. Locri è ricordata nel mondo
soprattutto per la poetessa Nosside che visse tra IV° e III° secolo
a.C. Nosside celebrava l’amore al pari di
Saffo e fu ritenuta dai greci una delle 9 poetesse degne di
gareggiare con le Muse.
Rhegion
La fondazione di Rhegion, attuale
Reggio Calabria, risale all’VIII° secolo a.C ad opera di greci
provenienti da Calcide nell’Eubea. La punta dello stivale non era
disabitata quando arrivarono i greci bensì popolata dagli Itali,
leggendari discendenti del re Italo. Fu la secondo colonia greca dell’Italia
meridionale dopo Cuma in Campania. Diodoro Siculo narra che fu
l’Oracolo di Delfi ad indicare ai calcidesi il punto in cui fondare
la nuova colonia Rhegion fu una delle più importanti
colonie greche grazie alla sua posizione che la vedeva come “primo
porto” per chi veniva dall’oriente. In passato infatti il porto
di Reggio era uno dei più importanti del Mediterraneo, ruolo oggi
sostituito da Gioia Tauro. Nel V° secolo a.C sotto il potere di
Anassilaos Reggio raggiunse il suo massimo splendore. Lo stratego e
politico reggino conquistò la città di Messina e costituì con
Reggio una potente “città dello Stretto”.
Krimisa
Krimisa, attuale Cirò Marina, fu
fondata nel VII° secolo a.C sul promontorio di Crimissa (oggi Punta
Alice). Secondo Strabone fu l’eroe greco
Filottete, di ritorno dalla guerra di Troia, a fondare la città cui
poi si sovrappose la fondazione greca. Dagli scavi condotti da Paolo Orsi
furono ritrovati resti di un Tempio, probabilmente dedicato ad Apollo
Aleo, in cui fu rinvenuta una testa marmorea che con ogni probabilità
era custodita e venerata nello stesso Tempio. Furono rinvenuti anche
i piedi e una mano ma non il corpo in quanto nei Templi arcaici,
soprattutto in Magna Grecia, questo era fatto di legno e rivestito
con vesti sontuose.
Kaulon
Kaulon fu fondata alla fine dell’VIII°
secolo a.C. Non si sa con certezza se fu fondata da greci provenieti
dall’Acaia o se sia stata una subcolonia di Kroton. Incerti sono i
primi decenni di vita della città. A partire dal VI secolo a.C
vengono coniate le monete incuse raffiguranti Apollo. Partecipò al fianco di Kroton nella
battaglia del fiume Sagra contro i Locresi. Nel 389 a.C fu distrutta da Dionisio di
Siracusa che la consegnò a Locri. Nel 205 a.C. fu conquistata dai romani
e perse la sua importanza. Fu Paolo Orsi a identificare i resti
dell’antica kaulon presso Monasterace Marina, rinvenendo i resti
del Tempio e alcune strutture abitative in cui sono stati portati
alla luce i bellissimi mosaici con draghi marini.
Hipponion
Fu una subcolonia di Locri, fondata nel
VII° secolo a.C. L’importanza dei reperti rinvenuti
nell’attuale Vibo Valentia e conservati presso il Museo indicano
che la città fu molto ricca e importante. Nello scudo ritrovato ad
Olimpia e in cui sono incise le dediche di guerrieri di Locri,
Hipponion e Medma, per ringraziare la divinità della vittoria contro
Kroton, gli hipponiati sono citati per primi. Ciò probabilmente
indica la grande importanza che l’esercito hipponiate ebbe durante
la battaglia. Probabilmente Hipponion fu una polis
autonoma fin dalla sua fondazione. I ricchi doni votivi dell’area
sacra in località Scrimbia testimoniano la presenza di una classe
aristocratica e guerriera rilevante. Lo storico Tucidide parla degli
hipponianti come homoroi cioè confinanti dei Locresi piuttosto che
ad essi subordinati.
Il periodo bizantino della Calabria,
anche noto come seconda colonizzazione greca, è durato circa cinque
secoli, dalla conquista giustinianea nella seconda metà del VI° secolo all’occupazione da parte dei Normanni nella seconda metà
dell’XI° secolo. La Calabria è una regione dalla storia unica nel
panorama italiano, infatti, dal 554 d.C. e per oltre 500 anni
rappresenterà un pezzo di Oriente incastonato nell'Italia
meridionale. Sotto il dominio bizantino la regione, che più di mille
anni prima aveva fatto parte della Magna Grecia, subisce una seconda
grecizzazione. Durante questo periodo la cultura greca ha lasciato
profonde tracce che attraverso i secoli sono arrivate fino a noi. La prima tappa di questo straordinario
viaggio alla scoperta della Calabria bizantina è Rossano, anche
conosciuta come la perla bizantina del Sud. Situata tra le bellezze
naturali della Sila e l'incontaminato Mar Ionio, Rossano dal VI° all’XI° secolo è stata una città strategica dell’Impero di
Bisanzio tra le più attive e sicure del sud-Italia. Qui si trova un
piccolo gioiello di architettura bizantina, l’Abbazia di Santa
Maria del Patire, fondata intorno al 1095 dal monaco Bartolomeo di
Simeri. Del complesso monastico primitivo è ben conservata la
chiesa, la quale è caratterizzata dall’antico tappeto musivo
pavimentale, solo in parte salvato, risalente al XII° secolo e
rappresentante alcune figure di animali reali e mitologici.
All’interno della chiesa si custodisce un crocifisso ligneo del
‘600 e l'effigie della Madonna del Patire databile alla fine del
XIX° secolo. Sempre a Rossano si trova la Chiesa di San Marco, altro
capolavoro dell’arte bizantina. Abbarbicata sullo sperone di una
roccia, la piccola chiesa fu fondata nel X° secolo e sorge nella zona
che anticamente veniva chiamata "Graecìa". L'unico resto
di una decorazione pittorica originariamente molto estesa è una
Madonna col Bambino di cultura bizantina risalente al XIII° secolo.
La seconda tappa dell’itinerario è
Santa Severina, antico borgo medievale in provincia di Crotone che
sorge su uno sperone di tufo che domina la vallata del fiume Neto. A
testimonianza della dominazione bizantina rimane il quartiere della
Grecìa, praticamente inalterato dal punto di vista urbanistico. Qui
si trova il più antico monumento bizantino della Calabria, il
Battistero, edificato tra VIII° e IX° secolo. Addossato completamente
alla Cattedrale, antistante il castello normanno detto di Roberto il
Guiscardo, il piccolo battistero si presenta dall'esterno come una
semplice cupola attorno alla quale corre un atrio. Originariamente
era affrescato, almeno in alcune sue parti, come evidenziano i resti
di affreschi, purtroppo poco visibili, che si scorgono sulla parete
sinistra del braccio di nord-est. Nei capitelli di alcuni colonne si
possono ancora leggere le iscrizioni in greco bizantino relative alla
sua costruzione. Sempre a Santa Severina si trova la Chiesa di Santa
Filomena, anche detta del Pozzoleo, altro gioiello dell'architettura
bizantina. Risalente al IX° secolo, la piccola chiesa presenta una
magnifica cupola ornata a motivi orientali e il doppio portale,
realizzato secondo gli usi ortodossi dell’epoca.
L’itinerario prosegue a Bivongi,
suggestivo borgo dalle antiche origini bizantine ubicato in una
vallata sulla sponda destra del fiume Stilaro ai piedi del Monte
Consolino. Anche qui giunsero i monaci basiliani, tra questi,
Giovanni Théristis, il quale venne acclamato santo e sul luogo dove
si riteneva esistesse la sua fonte sacra fu costruito il Monastero di
San Giovanni Théristis, magnifico esempio di architettura monastica
bizantina. Lo stile bizantino è evidente nell'esterno della
basilica, nei muri perimetrali costruiti con strati di pietra concia
e con cotto alternati, e nelle lesene all’esterno dell’abside.
Infine, il nostro itinerario alla scoperta della Calabria bizantina
si conclude a Stilo, la città del filosofo Tommaso Campanella e di
quel gioiello d'arte bizantina che è la Cattolica, uno tra gli
edifici religiosi più spettacolari della Calabria e non solo. Si
tratta di un tempietto risalente al X° secolo che ricalca il tipo
classico della chiesa bizantina su pianta quadrata e croce greca.
L’affascinante chiesa è sormontata da cinque cupolette cilindriche
divise da quattro elementi a botte con bifore. La sua ricchezza
espressiva la colloca tra i più importanti monumenti d’Italia.
L'ARTE DI MATTIA PRETI
Mattia Preti fu uno dei maggiori
pittori di successo del ‘600. Ad oggi molti lo considerano il più
importante artista calabrese di tutti i tempi. Le opere di Mattia Preti furono
numerosissime, grazie agli oltre 60 anni di carriera. Il Cavalier
Calabrese, così era chiamato Mattia Preti, fu uno degli ultimi
esponenti del caravaggismo romano e dal suo maestro apprende
soprattutto il sapiente utilizzo della luce. Nelle sue opere è
facile notare i dettagli messi in risalto da quei bagliori di luce
che animano la scena e mettono in evidenza gesti ed espressioni.
Nell’utilizzo della luce Mattia Preti fu un vero maestro,
soprattutto nelle opere chiaroscurali e drammatiche.
Nacque a Taverna, comune in provincia di Catanzaro, terzo di una numerosa
stirpe appartenente al ceto intermedio delle famiglie “onorate”,
non ricche di possedimenti o beni materiali ma di “qualità morali
e intellettuali”. La madre, Innocenza
Schipani, apparteneva ad una delle quattordici famiglie nobili di
Taverna, da tempo insediata nel borgo di San Martino, nella cui
chiesa parrocchiale possedeva una cappella gentilizia che ospitò il
battesimo del piccolo Mattia il 26 febbraio 1613, due giorni dopo la
nascita. Il suo precettore fu don Marcello Anania, parroco della
chiesa di Santa Barbara di Taverna, che lo istruì «nella grammatica
e nelle buone lettere, nel corso dei quali studiò spinto da un genio
naturale, solea copiare alcune stampe degli elementi del disegno
lasciate in casa da Gregorio suo fratello, allorch’ei partì per
Roma».
LA CALABRIA DI ESCHER
Le vedute di Scilla e di Tropea, gli
scorci di Pentedattilo, Rocca imperiale e Morano Calabro: ricordi di
un viaggio che restarono per sempre nel cuore di Maurits Cornelis
Escher.
“Ero incredibilmente interessato al
paesaggio del Sud Italia, non al paesaggio italiano, alle influenze
dei mori, come ad esempio quei tetti tondeggianti ed ho trovato tutto
questo affascinante”. Escher visitò la Calabria nel maggio del
1930 insieme a tre amici. Da Roma arrivò infatti a Pizzo Calabro in
treno e da lì intraprese un lungo viaggio tra le coste calabresi.
Toccando Tropea, Palmi, Bagnara. Bova Marina, Monasterace, ma anche
Catanzaro, Crotone, Rossano, Rocca Imperiale. Escher annotò tutta la
distanza percorsa e durante le varie esplorazioni eseguì
innumerevoli schizzi. Al suo ritorno ne trasse 13 stampe raggruppate
in una suite che chiamò “Calabrie: 6 xilografie e 7 litografie”.
Durante la sua permanenza in Italia dal 1922 al 1936, maturò buona
parte di quelle idee e suggestioni che caratterizzeranno, nel segno
della sintesi tra scienza e arte, la sua produzione e gli studi sulle
forme che lo hanno reso unico nel suo genere. Il ricordo della
Calabria, come del resto di tutta la nostra penisola, rimarrà
indelebile nella mente e nelle opere future dell'artista, tanto che
in “Dream” del 1935 è ripresa la mantide religiosa che aveva
disegnato a Pentedattilo cinque anni prima.