Borgo, nome derivante dal termine
latino “burgus” e dal germanico “burgs” la cui traduzione è:
città fortificata, castello. Nei secoli passati questa denominazione
era spesso riservata ai paesi di particolare importanza che
possedevano un mercato ed una fortificazione. Fortezze medievali,
paesini dell'entroterra arroccati sulle montagne e castelli. Sono 21 i borghi della Calabria, ricchi di arte e tradizioni, meritevoli di
un'escursione in giornata o di un soggiorno di almeno una notte. La
nostra selezione in ordine alfabetico:
Incantevole centro medievale situato nel cuore della provincia cosentina. In passato fu feudo dei Sangineto e poi dei Sanseverino. Oggi presenta un patrimonio storico-artistico di notevole importanza e ben conservato. Da visitare il moderno Teatro all'aperto, i vicoli medievali di spettacolare bellezza, la chiesa di Santa Maria della Consolazione, raro esempio di arte gotica-angioina, con ampio rosone e bel portale, il Museo Civico situato nell'ex Convento dei Domenicani, il Castello Feudale (XI° secolo) di origine normanna, fortezza a base quadrata oggi sede del Museo Azzinari. Durante il periodo estivo ospita un prestigioso festival artistico con un cartellone ricco di spettacoli. Comodamente raggiungibile in auto dallo svincolo A3 di Altomonte.
Questo antico borgo medievale fu
fondato nel 1080 dal condottiero normanno, nonchè primo Duca di
Calabria, Roberto il Guiscardo. E' situato a 240 metri s.l.m, su una
collina che domina l'ampia vallata del torrente Gallipari, tra due
valloni che degradano verso la pianura litoranea e conserva, ancora
intatta, la struttura urbanistica medievale costituita da suggestivi
e stretti vicoli che si intersecano fra le case disposte l’una a
ridosso dell’altra. Il borgo, sin dalle origini, ebbe scopi
prevalentemente difensivi come confermato dalla cinta muraria e dal
castello signorile risalenti circa al XII° secolo; quest'ultimo, in
particolare, fungeva da punto d'avvistamento contro le invasioni dei
Saraceni o dei Turchi. Purtroppo poco o nulla rimane oggi a
testimonianza della fortificazione, se non la struttura stessa del
paese, resti delle antiche porte medievali di accesso al paese con
relative stradine di pietra, le innumerevoli stradine che si snodano
in gironi concentrici, convergenti verso il culmine dell'altura dove
era posto il vecchio castello. Da qui il piccolo borgo si dipanava in
abitazioni contadine e botteghe che ne costituivano la vita stessa.
In passato ha assunto, di volta in volta, i nomi di Badulato,
Vadolato oppure Badoaro. Fu danneggiato dai terremoti del 1640 e del
1659 e quasi distrutto da quello del 1783. Badolato è il “borgo
delle chiese” e, passeggiando nel centro, se ne possono visitare
ben 12 che, per la loro posizione, sembrano quasi proteggere il paese
dai quattro lati. Tra le più antiche ed artisticamente rilevanti
citiamo: la Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria, la Chiesa di San
Nicola Vescovo, la Chiesa di Santa Maria della Sanità, la Chiesa del
SS.mo Salvatore. Nel 2010 il famoso regista Wim Wenders ha scelto questo borgo quale ambientazione per le scene del suo cortometraggio dal titolo "Il Volo".
Posto sulle pendici di un colle a 820 metri sul livello del mare, affacciato sulla vallata dell'Amendolea e fondato presumibilmente fra il VII° e l'VIII° secolo a.C., il borgo di Bova, situato a 60 km da Reggio Calabria ed inserito nel circuito de I Borghi più
belli d'Italia, è il centro più significativo dell'area grecanica, la comunità ellenofona calabrese. Quasi tutte le contrade del borgo sono caratterizzate da nomi di derivazione greca: Luppari, Cavalli, Brigha, Bucissà, Caloghiero, Milì, San Giovanni, Campo, Polemo, Aio, Leo, Manduddhuru, Verceu, ecc. Nella sua lunga storia questo centro ha conosciuto numerose calamità: la peste, il saccheggio dei Saraceni e la carestia, le devastazioni portate nel 1807 dai Francesi e dai Borboni, il distastroso terremoto del 1783, i bombardamenti del 1943. Da vedere, insieme ai palazzi gentilizi del centro ed ai ruderi del Castello, anche due chiese: la Cattedrale e la Chiesa di San Leo. Nel primo edificio di culto, di origine normanna, si può ammirare la statua in marmo di Carrara della Madonna della Presentazione o Isodia, alla quale la chiesa è dedicata, di raffinata fattura ed attribuita a Rinaldo Bonanno, scultore del Seicento. La Chiesa di San Leo (XVIII° secolo), a pianta rettangolare, ha un ricco altare maggiore, e conserva in un'urna d'argento cesellata le reliquie del Santo e la statua, a mezzo busto, sempre d'argento di San Leo. Nel patrimonio di questo borgo ci sono le campane, che ancora oggi regalano suoni brillanti e vivaci. Particolari per fattura, iscrizioni e fregi artistici, sono per lo più del XVI° secolo, come quelle della Chiesa di San Leo e del Carmine. Quattro le campane della Cattedrale, con la più grande chiamata Campana di marzo, in quanto suonava in Quaresima. Altra tappa obbligatoria per i visitatori del borgo è il Museo di Paleontologia, con i suoi oltre 17mila reperti fossili dei diversi tipi di fauna e di flora che si sono succeduti nel territorio nel corso dei millenni. Dal 2012 il comune di Bova ospita, a
Palazzo Tuscano (Centro visita del Parco Nazionale dell’Aspromonte),
una mostra multimediale dal titolo “Calabria contadina nelle
immagini di Gerhard Rohlfs”. Tra i maggiori eventi qui ospitati troviamo la Festa di San Leo, in onore del Patrono, che si svolge il 4 maggio.
Questo piccolo borgo montano, conosciuto anche
con il nome albanese “Cifti”, fondato nel XV° secolo d.C. da profughi
albanesi fuggiti in seguito all’occupazione ottomana, è situato
nell’area del Parco Nazionale del Pollino, abitato da poco più di
mille persone e noto per le sue bellezze naturalistiche, tra cui: le
gole del Raganello, meta preferita dagli escursionisti e dagli amanti del canyoning, ed il Ponte del Diavolo. Nel borgo è, ancora,
frequente l’uso della lingua albanese, infatti, i suoi abitanti
fanno parte di una minoranza etnica riconosciuta e tutelata dallo
stato italiano: gli Arbëreshë. Da visitare la chiesa di Santa Maria
Assunta, l'ecomuseo del Paesaggio Valle del Ragenallo, il museo della vecchia Filanda Filardi ed il museo etnico Arbëreshë. Facilmente raggiungibile in auto dallo svincolo A3 di Frascineto.
DIAMANTE (39° 41' 00" N - 15° 49' 00" E)
Diamante è un grazioso borgo marinaro, situato sulla fascia costiera tirrenica, a sud della foce del fiume Lao. Nella parte antica dell'abitato sorge, nel punto più alto, la chiesa dell'Immacolata Concezione, costruita verso la metà del XVII° secolo per volere dei principi Carafa. Degna di nota, inoltre, è la chiesa di Santa Maria De Flores, edificata nel XVII° secolo con materiale proveniente da costruzioni di età classica e medievale. Diamante è definito il "borgo dei murales" per i numerosi disegni posti sulle facciate delle casette del suo centro storico. L'Operazione Murales, ideata dal
pittore milanese Nani Razzetti ed iniziata nel 1981 allo scopo di
rivitalizzare la parte storica del piccolo centro tirrenico, portò
a Diamante, dall'Italia e dall'Estero, 83 pittori, che nel mese di
giugno iniziarono a dipingere i muri del centro storico, ormai
diventati delle grandi tele, facendo rinascere nella gente che vi
abita il gusto della conservazione del proprio passato. Dal 1986 al
1997 altri murales si sono aggiunti agli ottantacinque precedenti; oggi le pitture sulle palazzine d'epoca della Diamante vecchia superano la ragguardevole cifra di 180.
Chiamato anticamente Flumen Frigidum per le gelide acque del fiume Freddo, oggi Fiume di Mare, che ne solcava il territorio, è questo un piccolo ma
caratteristico borgo medievale abitato da circa tremila abitanti e situato
nell’area del basso Tirreno cosentino. Conquistato da Roberto il Guiscardo il quale, prima di avanzare verso la parte meridionale della Calabria, lasciò un presidio preoccupandosi di fortificare il borgo facendo edificare robuste mura di cinta ed un castello nella parte più alta. Fiumefreddo, che conserva integro il suo impianto urbanisitico, è un comune turistico del Tirreno cosentino di grande
attrattiva, inserito nell’autorevole club dei Borghi più belli
d’Italia. Rappresenta uno tra luoghi più interessanti dal punto di
vista storico ed artistico della provincia cosentina. Da visitare il Castello (sulle cui antiche pareti si possono ammirare i murales del pittore siciliano Salvatore Fiume), la chiesa Madre e quelle di San Francesco e Santa Chiara. E' uno dei "balconi" sul Tirreno più poetici ed emozionanti.
Ricco di storia, di arte, di tradizioni, Gerace è uno dei borghi più importanti della Calabria. Fu fondato nel VII° secolo d.C. dai profughi della vicina Locri Epizefiri che volevano mettersi al riparo dalle incursioni saracene. Dopo i Bizantini, Gerace fu dominata da Normanni, Angioini, Aragonesi e Borboni, sempre restando un notevole centro culturale e religioso. La città è divisa in tre parti: il Borgo Maggiore, il Borghetto ed il Baglio. Entrando nel Borgo Maggiore si può notare subito piazza della Repubblica con la Chiesa di Santa Maria del Mastro, una maestosa chiesa edificata nel 1084 con pianta a croce
greca, la cui cupola centrale in origine era realizzata con pignatte di
terracotta. Nel quartiere Piana si possono visitare due conventi: dei Cappuccini (1534) e dei Minori Osservanti (1612), la cui chiesa è dedicata a Santa Francesca Romana. Entrando, invece, nel Borghetto si incontra la chiesa bizantina di San Martino, ricostruita dopo il terremoto del 1783. Percorrendo via Roma si raggiunge il belvedere Bombarde, punto che con un colpo d'occhio abbraccia quasi cento chilometri di costa, e sulla sinistra, attraversata la Porta del Sole, si raggiunge la Piazza del Tocco, punto di confluenza di sette strade, contornata da eleganti edifici, tra cui Palazzo Grimaldi-Serra, sede del Municipio. Poco distante, la Piazza Tribuna dominata dalla Cattedrale, dedicata a Santa Maria Assunta e consacrata nel 1045, che rappresenta il più grande edificio sacro della Calabria. Meritevoli di visita anche le tre vicine chiese: la neoclassica Chiesa del Sacro Cuore, la Chiesa di San Francesco con portale normanno e l'umile Chiesetta di San Giovannello, con una sola abside, realizzata in pietra e di culto ortodosso. Il Baglio è, invece uno spiazzo posto in altura dove la popolazione si rifugiava in caso di pericolo e dove si possono scorgere i resti del Castello bizantino.
Dallo studio etimologico di vocaboli e
toponimi longobardesi, e da altri fatti, si desume che il paese sia
stato fondato da profughi da Thourioi nel 204 a.C., minacciata e poi
distrutta da Annibale. Così come quasi tutti i centri antichi che si affacciano sul Tirreno, Longobardi è situato su un costone roccioso a 325 metri sul livello del mare. La tradizione vuole che sia stato fondato dai Longobardi durante il regno di Liutprando, il cui nome dialettalmente tradotto in Lipprando resiste ancora nella tradizione orale del posto. Il nome di Longobardi si ritrova frequentemente anche come cognome nei centri limitrofi. L'abitato passò alterne vicende nel
Regno di Napoli, per poi divenire un Comune del regno d'Italia dal
1861 e passare alla Repubblica nel 1946. Dotato di un affascinante centro storico, con la sua caratteristica scalinata di via Indipendenza che percorre l'intero borgo dal basso verso la parte alta. Caratteristiche, inoltre, le facciate di alcuni palazzi che sono state abbellite da colorati murales realizzati anche da artisti longobardesi. Una visita obbligatoria meritano: la Chiesa di San Francesco di Paola (conosciuta anche come chiesa della Madonna dell'Assunta), che conserva le reliquie di Santa Innocenza; la Collegiata e alcuni Palazzi nelle
vie centrali, fra questi spiccano Palazzo Pellegrini, con il suo
magnifico scalone e lo stemma nobiliare affrescato che sovrasta la
corte, e Palazzo Preste donato da tale famiglia al Comune per utilizzo
civico.
LONGOBUCCO (39°27'00" N - 16°37'00" E)
La storia di questo borgo, situato a 794 metri sul livello del mare nell'alta valle del Trionto, è legata alla presenza di numerose miniere di metalli pregiati. Il suo centro storico è di pregevole interesse con la sua chiesa matrice, dedicata a S. Assunta di fondazione tardo-medievale e rifatta in forme barocche, con la chiesa dei Padri Riformati, la chiesa di San Domenico, la chiesa di S. Maria Maddalena e quella di S. Maria delle Grazie.
MELISSA (39°17'60" N - 17°01'0" E)
Ricordata da Ovidio nelle Metamorfosi,
Melissa ha origini antiche. Il toponimo è di chiara derivazione
greca: μέλισσα (melissa) sta a significare “paese delle api
e del miele”. Questo borgo nasce su un costone roccioso, nella
fascia collinare compresa tra il Mar Ionio ed il versante orientale
della Sila Grande. Lo scenario è quello tipico di un borgo feudale.
I primi documenti che fanno riferimento a Melissa sono datati 1200,
ma la sua storia risale a molti anni prima, come provano alcuni
ritrovamenti di cocci di pavimentazione dell’epoca romana. Il centro urbano esiste già tra l'XI°
ed il XII° secolo e dell’epoca è testimonianza la presenza della
cinta muraria e del castello di origine aragonese, di cui sono ancora
visibili alcuni resti. L’arroccamento su un’altura scoscesa e il
dialetto inducono a pensare a un insediamento di popolazioni della
vicina Puglia in fuga da devastazioni o pestilenze; esiste in zona, a
conferma di ciò, una chiesa dedicata a San Nicola di Bari. La
presenza del castello e di torri d’avvistamento, collocate ai
vertici della pianta poligonale, indica che il centro è stato
presidio militare. Sin dagli inizi della sua esistenza la comunità
fu soggetta al dominio di vari feudatari: i più duraturi tra questi
furono i De Micheli, di origine veneziana (1463-1466), i Campitelli
(1485-1668) e i Pignatelli (1668-1806).
MIGLIERINA (38°95'06" N - 16°47'23" E)
Miglierina è un borgo calabrese di
circa 800 abitanti, che sorge a cavallo tra i due mari, il Tirreno e
lo Ionio, su un’altura che regala panorami mozzafiato a chi decide
di avventurarsi alla scoperta del borgo e dei suoi dintorni. Il
nucleo urbano del Casale di Miglierina colloca le sue origini tra il
XIV° ed il XV° secolo. Appare certo che originariamente fu casale
di Tiriolo e ne seguì le vicende feudali passando dal dominio dei De
Reggio a quello dei Ruffo, conti di Catanzaro che lo tennero fino al
1464. Nello stesso anno venne affidato ai Carafa di Nocera che ne
restarono i signori fino al 1610, anno in cui venne venduta, al
prezzo di 80.000 ducati, ai Cigala che la tennero fino alla
cessazione della feudalità nel regno di Napoli (legge 2 agosto
1806). Nel 1811, con un decreto emanato sotto il dominio napoleonico,
divenne comune autonomo. L’elemento cardine della cultura
miglierinese è sicuramente l’opera dei “Mastri Miglierinesi”
che ebbero grande successo tra la metà del Settecento fino ai primi
del Novecento, grazie alla loro perizia e capacità artigianale. Essi
si suddividevano essenzialmente in tre categorie: Mastri del legno,
Mastri Armieri e Mastri stuccatori e “Babbari”. Da visitare: la
Chiesa madre dedicata al culto di Santa Lucia, Palazzo Arcuri, la
Chiesa di Santa Maria del Principio ora nota come Madonna del
Rosario, Palazzo Torcia con i suoi balconi in ferro battuto con
caratteristica lavorazione “bombata”.
Non sono molti i paesi che abbiano strade, monumenti, clima e, in sintesi, bellezze turistiche, cantate in un poema. Morano Calabro può, invece, vantare questa prerogativa, essendo protagonista del poema dialettale, denso di ben 212 ottave, dal titolo "Lo calascione scordato", scritto dal napoletano Domenico Bartolo intorno al 1740. La bellezza del pittoresco Morano, borgo disposto su un colle perfettamente conico, sta nella delicata combinazione di arte e bellezze naturali, nelle sue vie strette ed in forte pendenza, nelle vette del Pollino che si stagliano oltre le case del centro storico. Situato
all’interno del Parco del Pollino, uno dei più estesi
parchi nazionali d’Italia, questo comune è riconosciuto come uno
dei borghi più belli d’Italia ed è Bandiera Arancione del Touring
Club Italia. Da visitare il monastero di San Bernardino, la Collegiata della Maddalena con la sua cupola a mattonelle policrome, il castello
normanno-svevo. Nel comune ha sede, inoltre, un importante museo
naturalistico denominato "Il Nibbio". Facilmente raggiungibile in auto dallo svincolo A3 di Morano Calabro.
ORIOLO (40°3'11" N - 16°26'48" E)
RENDE (39°19'60" N - 16°10'60" E)
Arroccato su uno sperone di roccia, questo piccolo centro agricolo della fascia collinare pedemontana, compresa tra la Piana di Sibari e la foce del fiume Sinni, conserva un bellissimo borgo medievale, tra i più suggestivi dell'alto Ionio. Munito di cinta muraria e di castello feudale al cui interno è possibile visitare le sale arredate ed affrescate. Meritevole di visita la sottostante chiesa di San Giorgio Martire, di origine normanna, che presenta una particolare sovrapposizione di stili a causa dei suoi rifacimenti in età barocca e settecentesca.
RENDE (39°19'60" N - 16°10'60" E)
Rende è uno dei centri di origine
enotria fondato intorno al 520 a.C., anticamente denominato Arintha;
è composto da una parte collinare su cui sorge il capoluogo e da una
parte pianeggiante comprendente diversi centri abitati moderni. Il suo centro storico è ben conservato ed ospita un Museo Civico (con preziose opere d'arte di Mattia Preti, beni della cultura contadina e gli ori della pinacoteca), numerose chiese antiche dalle eleganti linee architettoniche, palazzi gentilizi dotati di maestosi portali ed un Castello normanno costruito nel 1095 per ordine di Beomondo d'Altavilla e, oggi, sede del municipio.
Un grandioso castello posto sull'apice di un colle isolato, domina l'antico abitato disposto a gradinata ai suoi piedi: così si presenta Rocca Imperiale al viaggiatore. Questo borgo rappresenta la porta d'ingresso nord-occidentale alla Calabria. Nel suo centro storico, ben preservato, si trovano i ruderi del grandioso castello svevo eretto nel XIII° secolo da architetti di Federico II, rimaneggiato in periodo aragonese e barocco. La chiesa matrice è dedicata a S. Maria Assunta ed è un edificio di origine duecentesca, rifatto nel XVIII° secolo e dotato di campanile medievale. Da visitare la chiesa di S. Antonio con annesso convento dotato di chiostro e giardino e la chiesa della Congrega di S. Giovanni Battista. Il borgo è famoso per la sua fiorente vocazione agricola svolta nella piana sottostante e, in particolare, per la coltivazione del Limone di Rocca Imperiale IGP.
ROSSANO (44°19'0" N - 09°46'60" E)
Rossano, suggestivamente definita "capitale bizantina della Calabria", corona un rilievo di arenaria sul versante settentrionale della Sila Greca, a pochi chilometri dal litorale ionico. Questo antico centro situato, con il mare cristallino ed un clima mite
tutto l’anno, offre ai turisti percorsi ricchi di storia e arte.
Assolutamente da non perdere il Codice Purpureo, bizantino,
conservato nel museo diocesano, nel centro storico del paese ed il
Pathirion, antica chiesa in stile basiliano-normanna con al suo interno uno splendido pavimento musivo di gusto arabo. Su una rupe all'estremità sud-orientale dell'abitato è posta la chiesa di San Marco (X° secolo), uno dei capolavori dell'arte bizantina in Calabria, con la sua pianta centrale con tre absidi e cinque cupolette. Nel territorio
comunale, precisamente in località Zolfara, è situato uno tra i più
grandi acquapark del meridione. Da non perdere il museo della
Liquirizia Amarelli, azienda produttrice di una delle migliori
qualità di liquirizia al mondo.
Nome forse derivato dal primitivo Siberene, dei fondatori Enotri. Costruito su un imponente baluardo naturale che domina la Valle del Neto e le terre del Marchesato, il borgo conserva tracce della dominazione bizantina, particolarmente leggibili nella zona orientale del quartiere Grecìa, e grotte scavate nella roccia, dove abitavano i poveri. Nella sua bella piazza si fronteggiano il castello e la cattedrale, simboli del dualismo tra potere politico e religioso, che sovrastano il pittoresco abitato sottostante. Sorto sul kastron fortificato bizantino, l'imponente castello di origine normanna risale all'XI° secolo ed ospita al suo interno il Museo archeologico. La cattedrale, di origine duecentesca, ma rimaneggiata successivamente, ha una facciata con un interessante portale centrale a ogiva chiuso in una inquadratura barocca. Fanno parte del complesso architettonico religioso il Palazzo arcivescovile ed un originale battistero dell'VIII° secolo. Meritevoli di visita anche la chiesa di Santa Filomena, la chiesa d Santa Maria del Pozzo e la chiesa dell'Addolorata. Giudicato uno tra i Borghi più Belli d'Italia.
Scilla, un piccolo comune della
provincia di Reggio Calabria, è uno dei borghi più graziosi e
caratteristici d’Italia, sorgendo su di un alto sperone roccioso a
picco sul mare. Chianalea è la parte più antica del borgo; il suo nome deriva da “Piano della Galea”, ma è chiamato
anche Acquagrande o Canalea, perché le piccole case che sorgono
direttamente adagiate sull’acqua, sono separate le une dalle altre
da piccole viuzze, simili a canali che scendono direttamente nel Mar
Tirreno. Tra le stradine strette e tortuose, si può ammirare
l’alternarsi delle sue antiche fontane: la “fontana Ruffo”, situata
in via Annunziata, probabilmente costruita
nel XVI° secolo per volere della famiglia Ruffo della quale porta
inciso lo stemma. A forma di nicchia, e decorata con una serie di
fregi, la “Fontana tre canali” sulla quale vi è scolpita la data
1610, in pietra chiara, presenta mascheroni che spillano acqua e
fregi decorativi, e la fontana “Il Canalello” chiamata anche
fontana di San Clemente, situata in via Annunziata, è una fonte di
acqua sorgiva che sgorga da centinaia di anni. Edifici storici di
grande importanza sono: la Chiesa di Santa Maria di Porto Salvo; la
Chiesa di San Giuseppe; l’antico Palazzo Zagari, edificio del 1933
in stile eclettico e il Castello Ruffo di Calabria, che costituisce il genius loci della cittadina di Scilla oltre a rappresentare, sicuramente, uno degli elementi più caratteristici e tipici del paesaggio dello
Stretto e del circondario reggino.
Il borgo di Squillace, dalle origini
antichissime (fu dapprima la greca Skylletion e in seguito la romana
Scolacium), sorge su tre colli a circa 344 metri s.l.m. chiusi da due
torrenti e posti di fronte all'omonimo golfo. Fu città natale di
Magno Aurelio Cassiodoro, illustre politico, letterato e storico
romano. Nel centro storico del borgo sono presenti molteplici
monumenti e chiese, tra cui il Duomo, dedicato alla Vergine Assunta
in Cielo, con facciata a tre portali realizzati da scalpellini
locali; il Castello Normanno, costruito sui ruderi di una
fortificazione bizantina; il Palazzo Pepe, uno dei massimi esempi di
architettura gentilizia squillacese oggi sede del Municipio e il
Centro del Folklore. Fiorente e di antica tradizione è l'artigianato
della ceramica e della terracotta, tanto che Squillace rientra tra i
ventisette comuni italiani che si possono fregiare del marchio DOC.
Noto sin dal XVIII° secolo per le sue
miniere metallifere, il borgo di Stilo, tanto caro al filosofo Tommaso Campanella (che qui nacque nel 1568), è il fiore all'occhiello di tutta l'area Kauloniate, la patria degli eremiti e dei monaci basiliani a cui si deve la costruzione della Cattolica. Apoteosi dell'espressione architettonica dello stile bizantino, la piccola ma famosissima chiesa, baciata dal sole su ogni lato, guarda i tetti del borgo, gli stretti vicoli e la barocca Chiesa di San Giovanni. Stilo nella sua storia ha annoverato
ben 18 chiese, molte delle quali perdute dopo il terremoto del 1783. La Chiesa matrice, eretta nel 1300,
riveste un'elevata importanza storica oltre che artistica. L'ingresso
della Chiesa Madre è reso più bello e adorno dal maestoso portale
romano-gotico ogivale. In fondo al nucleo più antico di Stilo sorge
la chiesa di San Domenico o del Rosario, con annessi i ruderi del
Convento domenicano di Santa Maria del Gesù, luoghi legati alla vita
del filosofo Tommaso Campanella. Tra i monumenti che rimandano agli
stilemi bizantini, v'è da ricordare quello di S. Nicola da
Tolentino, proiettato sulla Vallata dello Stilaro, un tempo adibito a
chiesa, appartenente all'Ordine Eremitano di S. Agostino. Fuori dal
centro abitato sorge la chiesetta rupestre dedicata alla Madonna
delle Grazie. Sulla parete di fondo conserva la sinopia che raffigura
una Madonna col Bambino che allatta e trattasi di una pittura molto
probabilmente risalente al XV° secolo. E' inserito nel circuito de “I borghi più belli d'Italia”.
TIRIOLO (38°57'0" N - 16°30'0" E)
Questo piccolo "balcone tra i due mari" (così come viene definito questo borgo) con vista sul mar Tirreno e sullo Jono, ha un caratteristico centro storico, situato su un'altura, che si snoda tra viuzze, vicoli e piazzette che fanno da cornice a semplici casette ed a palazzi nobiliari. Al centro della parte più antica del borgo si erge imponente il castello medievale del quale restano ormai solo dei rudei. L'antico borgo era popolato da artigiani, operai a giornata e donne in tipico costume, chiamate "Pacchiane", che, seppur rare, ancora si vedono per le vie del paese. A seguito di una ricerca geografica e filologica condotta a partire dal 1954, lo studioso tedesco Armin Wolf ha ipotizzato che Tiriolo fosse la Terra dei Feaci, di Alcinoo e Nausicaa, cantata da Omero nell'Odissea. Il borgo ospita un interessante museo antiquario (Antiquarium comunale).