In Calabria vari sono i luoghi (o gruppi di luoghi) in cui si conservano tracce dell'attività umana
del passato che sono stati indagati e scavati attraverso l'impiego di metodologie archeologiche od, in alcuni casi, ancora da scoprire. Si può affermare con certezza che, in questa regione, non esista un luogo dove non si trovino reperti già portati alla luce o quantomeno dove non si preveda di trovarne. Tra i siti/parchi archeologici calabresi elenchiamo (in ordine di importanza) quelli meritevoli di escursione da svolgere in giornata:
PARCO ARCHEOLOGICO DI SIBARI
Provincia: Cosenza
Comune: Cassano allo Ionio
Coordinate Gps: 39°43'2" N - 16°29'24" E
Tel: +39 0981 79 391 / +39 0981 79 392
Sito web: www.archeocalabria.beniculturali.it
E-mail: sibaritide@beniculturali.it
Periodo di apertura: chiuso il lunedì
Orario: dalle 9.00 ad un'ora prima del tramonto
Ingresso: libero
Il sito archeologico di Sibari è
ubicato sulla costa Ionica della Calabria, a breve distanza dalla foce
del fiume Crati. Questa parte del territorio calabro, nota
topograficamente come sibaritide vide il sorgere, lo sviluppo, l'espansione e poi il declino della grande polis di Sibari; qui
furono impiantati, in epoche successive alla distruzione della città
greca, sovrapponendosi in parte alle sue rovine, prima il centro
ellenistico di Thurii e poi quello romano di Copia. Questa
eccezionale stratificazione fa di Sibari uno dei siti più estesi ed
importanti del Mediterraneo di età arcaica e classica. La vita del
sito ha inizio nel 720 a.C. con la fondazione della colonia achea di
Sibari; si interrompe nel 510 a.C. con la distruzione della città da
parte dei crotonesi; ricomincia nel 444-443 a.C. con la fondazione
della panellenica Thurii e si prolunga attraverso l'età romana con
la deduzione della colonia latina di Copia nel 193 a.C. e la sua
trasformazione in municipio romano nell'84 a.C.. In età imperiale,
dal I° al III° secolo d.C., riprende con nuovo vigore ma a causa
del crescente impaludamento del territorio inizia una lenta decadenza
ed un graduale disuso attraverso il V°-VI° sec. d.C.; nel VII° secolo il sito era ormai definitivamente abbandonato.
Provincia: Crotone
Comune: Crotone
Coordinate Gps: 39°1'33" N - 17°12'12" E
Tel: +39 0962 93 48 14 / +39 0962 20 179
Sito web: www.archeocalabria.beniculturali.it
Periodo di apertura: tutti i giorni
Orario: dalle 8.00 ad un'ora prima del tramonto
Ingresso: libero
La zona del Parco Archeologico di Capo Colonna sorge sul promontorio Lacinio laddove un tempo era l'importante e ricco tempio di Hera (VI°-V° secolo a.C.); esso garantiva l'incolumità di chi vi si rifugiava essendo eretto in onore di Hera Lacinia (Giunone), dea liberatrice e guerriera e, secondo recenti studi archeologici, lo stesso Annibale vi allestì il proprio accampamento nel 203 a.C. Da questo famoso luogo di culto, citato nelle fonti antiche perchè venerato da tutti i popoli intorno nonchè sede della Lega Italiota (V° secolo a.C.), nel 173 a.C. il censore Quinto Fulvio Flacco ordinò che venissero asportati i marmi per reimpiegarli nel tempio della Fortuna Equestre in Roma ma, per volere del Senato, fu costretto a riportarli a Crotone. I resti del tempio e le campagne di scavo dimostrano che si trattava di uno degli edifici sacri più grandi dell'antichità e, oggi, una delle aree di maggiore interesse archeologico del mezzogiorno d'Italia. Costruito verso il mare e posto su un grande basamento di forma rettangolare, era lungo 150 metri e largo 50 e possedeva 13-15 colonne in stile dorico sui lati lunghi e 6 sul lato corto. Nell'area sono stati rinvenuti resti degli elementi più essenziali di un grande tempio sacro: il temenos, il katagogion, una stoa ed il tempio dorico con l'unica colonna superstite. Altri edifici per i banchetti e gli ospiti sono stati rinvenuti nell'area, insieme ad edifici di età romana con pavimenti in mosaico. Di epoca bizantina è, invece, la preesistenza dell'attuale chiesa dedicata alla Madonna di Capo Colonna.
Provincia: Catanzaro
Comune: Borgia
Coordinate Gps: 38°48'28" N - 16°35'43" E
Tel: +39 0961 39 13 56
Periodo di apertura: chiuso il lunedì
Orario: dalle 8 ad un'ora prima del tramonto
Ingresso: libero
L’antica città di Scolacium sorgeva
lungo la costa ionica dell’odierna Calabria, a presidio del Golfo
di Squillace. Il luogo prescelto per la strutturazione
dell’insediamento greco e poi romano, è caratterizzato
morfologicamente da una breve pianura costiera, creata da accumuli
fluviali della vicina foce del fiume Corace e alluvionali, portati
per azione del regime torrentizio stagionale. L’area del parco
archeologico di Scolacium, attualmente espropriata, faceva parte dei
possedimenti delle famiglie dei baroni Mazza e, prima ancora, della
famiglia Massara di Borgia, che avevano qui un’azienda per la
produzione di olio. In questo luogo, fin dal 1800, emersero numerosi
reperti antichi conservati dalle famiglie proprietarie del fondo. I
ritrovamenti più antichi, all’interno del territorio di
Roccelletta, risalenti al paleolitico inferiore e superiore, sono
alcuni reperti costituiti da industria litica su selce ed ossidiana. I reperti
sono stati ritrovati sulla collina detta di Santoregno, alle spalle
della pianura che ospiterà la città classica. Di Skylletion sono
note le vicende riportate dal geografo Strabone, il quale ci informa
sulle vicende mitiche di fondazione dell’apoikia ad opera di
Menesteo. Plinio, successivamente, riprende e conferma la fondazione
Ateniese, integrata più tardi dalle notizie fornite da altre fonti
che parlano della compresenza dell’eroe Ulisse e di un suo
contributo nella fondazione della città. Archeologicamente pressoché
ignota è la struttura dell’insediamento greco, indiziato
unicamente da materiali sporadici. Unico frammento architettonico di
epoca greca è una porzione di capitello dorico in calcarenite
trovato nei saggi sulla collina della necropoli bizantina. tra il 123
e il 122 a.C., venne dedotta una colonia Romana la cui vita, seppure
con alterne vicende di abbandono e rioccupazione, si protrarrà fino
ad età bizantina. Dopo il momento di massima fioritura, successivo
alla rifondazione di Nerva e protrattosi fino al III° secolo d.C.,
inizia il lento abbandono delle strutture cittadine attorno al IV°
secolo d.C. La città si sposta verso la collina del teatro che viene
occupata dall’abitato tardo romano, abbandonato anche esso intorno
al VI° secolo d.C. Tra i settori di scavo meglio indagati della
Scolacium romana è l’area pubblica del foro. La grande piazza
misura 38,14x 81,60 metri ed è orientata nord/ovest-sud/est. Il suo
impianto avvenne subito ai piedi della collina di Rotondone,
sviluppato in direzione del mare ed aperto a nord verso la pianura
alluvionale creata dal fiume Corace. Il centro politico ed economico
della colonia venne pianificato in questo luogo sin dalla fondazione
graccana, in questa fase i lati lunghi erano bordati da un colonnato
tuscanico in calcarenite che dava accesso ad una serie di tabernae
quadrate di 6x6 metri, tuttora visibili, ristrutturate nella fase
edilizia di età Augustea. Lungo il lato corto, a nord/ovest, passava
la principale via della città, il decumano massimo, che
originariamente giaceva a livello della piazza. Tra i principali
monumenti che si affacciano nella piazza il più importante era il
Capitolium, sede del culto principale della città romana, situato
lungo il lato breve a nord/ovest, oltre il decumano massimo e al di
sopra di un muro di terrazzamento in opera quadrata. Il decumano
venne lastricato con basoli di granito locale di forma irregolare e
può essere datato ad età tarda repubblicana prima - imperiale, su
base paleografica grazie all’iscrizione di Decimio Secundio. Al
posto delle tabernae a nord verranno costruiti due edifici destinati
a funzioni pubbliche rappresentative ed amministrative. Dall’area
circostante provengono alcuni dei più importanti ritrovamenti nella
colonia ovvero i togati di marmo. Accanto al Caesareum venne
realizzato durante il I° secolo d.C. un edificio di 12x 8 metri, in
opera reticolata con due bassi gradini laterali lungo le pareti dei
lati minori. Per analogia con simili ambienti in altre città
(Verona, Roma) è stato accertato che si tratta della Curia, sede del
senato locale (ordo decurionale) che amministrava la città. Durante
il III° secolo d.C. sulla parete di fondo del lato lungo venne
edificato un podio, al di sopra dei resti di un mosaico a tessere
bianche e nere della metà del II° secolo d.C. Oltre il foro sulla
sinistra, si sviluppa la struttura del teatro di Scolacium, scavato
tra il 1965 e il 1975, e successivamente nel 2001, mostra anche esso
i segni della spoliazione.
Provincia: Reggio Calabria
Comune: Locri
Coordinate Gps: 38°12'27" N - 16°14'12" E
Tel: +39 0964 39 00 23
E-mail: sba-cal.muslocri@beniculturali.it
Periodo di apertura: chiuso il lunedì
Orario: dalle 9.00 ad un'ora prima del tramonto
Ingresso: 4 Euro (intero), 2 Euro (ridotto)
Locri Epizephiri fu fondata da coloni greci, provenienti dalla Locride, probabilmente alla fine dell'VIII° secolo a.C. Fu la città della musica, del canto e delle arti, nonchè patria di Zaleuco, uno tra i maggiomente noti legislatori dell'età classica. Dell'antica città si conservano l'impianto urbano, mirabilmente pianificato, un monumentale teatro e resti di numerosi templi. Dal tempio ionico di contrada Marasà provengono le celebri statue marmoree dei Dioscuri, i fratelli divini che scendono da cavallo e il Trono Ludovisi, bassorilievo di marmo raffigurante Afrodite che, un tempo, ornava il pozzo del tempio. Al di sopra della collina del teatro si
trovano i resti del Santuario di Zeus di Casa Marafioti. Ancora più a nord, in località
Caruso, fuori dal circuito murario è stato identificato e scavato un
Santuario dedicato al culto delle ninfe, realizzato
all'interno di una grotta naturale oggi crollata. Ancora più a nord,
nel Vallone dell'Abbadessa oltre la porta urbana, è il Santuario di
Persefone, sul colle Mannella. Edificato su di una terrazza
trapezoidale presenta una lunga frequentazione che va dal VII al III
sec. a.C. e che Diodoro Siculo definisce il più importante Santuario
d'Italia. Importanti infine anche le necropoli
locresi, distribuite in età greca ai margini dell'area urbana e al
di fuori del perimetro della cinta muraria, nelle contrade Lucifero,
Parapezza e Monaci. Qui Paolo Orsi, famoso archeologo, vi condusse campagne di scavo tra il
1910 e il 1915, individuando circa 1700 tombe, prevalentemente a
inumazione (a fossa, a cassa di tegole e alla cappuccina) con una
limitata percentuale di incinerazioni. I materiali che costituivano i
corredi coprono un arco cronologico che va dal VII° al II° secolo a.C. e,
tra questi, rivestono particolare importanza gli specchi costituiti
da un disco di bronzo lucidato sorretto da manici di fogge
eterogenee, tra le quali le figure umane.
PARCO ARCHEOLOGICO DEL NANIGLIO
Provincia: Reggio Calabria
Comune: Gioiosa Jonica
Coordinate Gps: 38°19'51" N - 16°17'51" E
Tel: +39 0964 51 536
E-mail: affarigenerali.gioiosa@asmepec.it
Periodo di apertura:
Orario:
Ingresso: libero
Fuori dal centro storico della
cittadina di Gioiosa Jonica si trova la Villa romana del Naniglio,
edificata verso la fine del I° secolo a.C. e che raggiunse il
massimo splendore intorno al III° secolo d.C., per poi subire un
lento e progressivo abbandono nei secoli successivi. La pianta è
organizzata secondo un corpo principale di forma allungata, con
annessi alle estremità due corpi più piccoli. Gli scavi
archeologici, condotti tra il 1981 e il 1986 da Alfonso de
Franciscis, hanno messo in luce il settore inferiore del complesso.
L’elemento di grande interesse, per l’eccezionale stato di
conservazione, è la grande cisterna ipogea a tre navate, alla quale
si accedeva in antico dal livello superiore per mezzo di una scala a
chiocciola. La copertura della cisterna è costituita da un insieme
di volte a crociera, sorrette da otto pilastri quadrati disposti in
due file. Alle due estremità di questo settore residenziale si
trovano alcuni ambienti, con pavimenti a mosaico policromo a motivi
geometrici e intonaco dipinto sulle pareti. Scavi condotti di
recente, ma ancora inediti, hanno messo in luce un’ampia sala
ottagona e diverse canalizzazioni, una delle quali si collegava
probabilmente alla cisterna. Nella zona a Sud di quest’ultima si
trova inoltre un complesso di ruderi non ancora scavato, che
corrisponde al quartiere termale.
Provincia: Reggio Calabria
Comune: Monasterace
Coordinate Gps: 38°26'43" N - 16°34'43" E
Tel: +39 0964 73 90 25
Sito web: www.kaulon-archeologia.it
E-mail: amministrativo@comune.monasterace.rc.it
Periodo di apertura: lunedì chiuso
Orario: 8.00-un'ora prima del tramonto
Ingresso: libero
Il sito dell’antica Kaulonia fu
individuato dall’archeologo Paolo Orsi nel 1912-13 in prossimità
della linea di costa. La città, d’incerta origine, venne fondata
secondo alcuni da Crotone e per altri dagli Achei guidati da Tifone
di Aegion o ancora da Kaulon, figlio dell’amazzone Klete. L’area
urbana era circondata da possenti mura, di cui si conservano larghi
tratti, rafforzate da torri quadrangolari. Le aree sacre individuate
sono tre e quella meglio conservata è localizzata in prossimità del
mare dove troviamo i resti di un tempio dorico, datato intorno al 450
a.C., conservato solo nel basamento. Il suggestivo Faro di punta
Stilo, sorse sui resti della cinquecentesca torre del Castellone e su
quelli, ancora più antichi, di un santuario del VI° secolo a.C.
dedicato ad una divinità protettrice dei naviganti: Poseidon o
Apollo Delphinios. L’abitato, che in età ellenistica presentava un
impianto ortogonale, è stato ben indagato ed oltre alle abitazioni
rinvenute da Orsi, nuovi edifici sono stati scavati in località San
Marco (Casa del personaggio grottesco e di Clete) ed ai piedi della
collina del Faro (Casa del Drago e Case Tomasello). Nell’area della
Casa Matta, all’interno di un monumentale complesso termale di età
ellenistica, è stato portato di recente alla luce un esteso mosaico
composto da più riquadri decorati con motivi floreali, draghi e
delfini. Si tratta del più esteso ed articolato mosaico della Magna
Graecia.
Provincia: Reggio Calabria
Comune: Casignana
Coordinate Gps: 38°7'1" N - 16°9'13" E
Tel: + 39 0964 19 10 888
E-mail: redazione@archeocomunidiqualita.it
Periodo di apertura: tutti i giorni
Orario: sempre fruibile
Ingresso: libero
La Villa romana di Casignana, situata
in contrada Palazzi lungo la Strada Statale Jonica 106, sorse in
un’area già frequentata in periodo greco, si sviluppò tra il I°
ed il IV° secolo d.C. e venne abbandonata nel corso del V° secolo
d.C. La villa venne scoperta nel 1963, in occasione dei lavori per la
costruzione di un acquedotto, presso la strada statale 106 Jonica ed
è stata indagata sistematicamente dalla Soprintendenza per i beni
archeologici della Calabria negli anni ottanta. La villa sorgeva
probabilmente sull'antica strada di collegamento tra Locri Epizefiri
e Rhegion. Gli scavi archeologici effettuati hanno evidenziato a
monte della Statale un ampio complesso termale privato, accessibile
da un porticato, mentre a valle è stato messo in luce parte del
nucleo residenziale. Nelle terme esistono due nuclei contigui,
ciascuno dei quali consente il passaggio da ambienti freddi ad
ambienti caldi, secondo la successione canonica frigidarium –
tepidarium – caldarium. Alcuni ambienti hanno piante complesse,
come il frigidarium ottagono pavimentato a mosaico con motivo
geometrico a cubi prospettici. Anche altri vani sono notevoli per
qualità e varietà dei mosaici: policromi, geometrici o figurati,
come il noto mosaico raffigurante un thiasos marino con quattro
Nereidi in groppa a mostri con fattezze di leone, tigre, cavallo e
toro. Il nucleo residenziale è composto da una sequenza di vani,
delimitata verso il mare da un ampio e lungo corridoio terminante
alle estremità con due avancorpi semicircolari. Si trattava forse di
due torrioni che conferivano un aspetto fortificato all’insieme.
Gli ambienti sono pavimentati a mosaici policromi e figurati. I
reperti rinvenuti suggeriscono una decorazione sfarzosa degli
interni, per la presenza di marmi pregiati, intonaci dipinti e
mosaici in pasta vitrea multicolore. Arredi e statue facevano da
complemento all’architettura. Dal 1998 il sito è gestito dal
comune di Casignana.
Provincia: Reggio Calabria
Comune: Palmi
Coordinate Gps: 38°23'39" N - 15°51'55" E
Tel: +39 327 45 60 565
E-mail: parcoarcheologicodeitauriani@gmail.com
Periodo di apertura: aperto Domenica e festivi (1 ottbre-31 marzo); aperto Sabato, Domenica e festivi (1 aprile-30 giugno); aperto tutti i giorni (1 luglio-30 settembre)
Orario: 10-13 e 14.30-tramonto (autunno, inverno e primavera); dalle 10 al tramonto (estate)
Ingresso: libero
Il parco archeologico dei Tauriani
"Antonio De Salvo" è ubicato a Palmi, nella zona in cui
anticamente sorgeva l'antica città di Tauriana (o Taureanum). Il
parco, con i suoi attuali tre ettari di estensione, occupa la parte
centrale di un pianoro dominante la costa Viola. Della Tauriana
"brettia" (I° secolo a.C.) è possibile ammirare la «casa
del mosaico», così chiamata per il rinvenimento di un mosaico
figurato che, insieme a un letto di bronzo decorato in argento e
pietre preziose, abbelliva un ambiente identificato come sala da
banchetto. Al centro della sala, era collocato il mosaico realizzato
con minute tessere policrome. Vi è rappresentata una scena di caccia
con due cavalieri ed un portatore di lance che si dispongono ai lati
di un orso, ferito. Completano la scena, dominata da un grande
albero, un cane, un felino e un cinghiale. Dell'area sacra, dedicata
a una divinità ancora sconosciuta, sono oggi visibili i resti di un
alto podio (m. 10x20 ca) e di un triportico. Originariamente il
complesso presentava decorazioni e rivestimenti in pietra locale,
marmo e stucchi. Testimonianza archeologica particolarmente
significativa di questa nuova fase romana è la costruzione di questo
edificio religioso sul ciglio ovest del pianoro di Tauriana, la cui
tipologia è un "unicum" nel contesto architettonico e
religioso della Calabria antica. L'edificio sacro è orientato a
nord-est e s'inquadra tipologicamente tra i templi su podio di tipo
etrusco-italico: l'alto podio quadrangolare, impiantato su una
fondazione alta 2,25 metri, impostata a sua volta sul banco di roccia
naturale, era realizzato in opus caementicium. Un paramento in
mattoni rivestiva parzialmente l'elevato, su un paio di laterizi è
ancora leggibile il negativo del bollo (C) Numitori, già noto a
Palmi poiché impresso su alcuni mattoni rinvenuti fortuitamente, nel
secolo passato nell'area di Tauriana. Al di sotto della fase brettia
e romana, non ancora visibili, vi sono i resti di capanne di un
villaggio dell'età del bronzo, attivo per circa mille anni, a
partire da 4.000 anni fa. Le capanne sono realizzate con alti muri in
pietra e tetto in materiale deperibile. All'interno del parco
archeologico sono collocate sei sculture d'arte, realizzate in
blocchi di marmo bianco, opere degli artisti Maurizio Carnevali,
Patrick Crombé, Raymond Lohr, Marit Lyckander, Luca Marovino e Maria
Rucker. Le sculture sono state realizzate nel luglio 2012 per il
simposio denominato Marmytos 2012.
LA NECROPOLI ENOTRIA DI MACCHIABATE
Provincia: Cosenza
Comune: Francavilla Marittima
Coordinate Gps: 39°48'41" N - 16°23'9" E
Tel: +39 0981 99 48 72
Periodo di apertura: tutti i giorni
Orario: dalle 9.00 fino al tramonto
Ingresso: libero
La necropoli di Macchiabate, scavata
non completamente dalla Zancani Montuoro negli anni sessanta, è
formata da quasi 200 sepolture, le tombe sono dei tumuli di pietra di
forma circolare od ellittica. I tumuli non hanno muretto di contorno
o fossa o delimitazione del piano deposizione: il morto era deposto
con le gambe ritratte su uno strato di sabbia e vicino a lui era
disposto il suo corredo funebre composto da vario vasellame di
ceramica ed oggetti in metallo, generalmente bronzo, che facevano
parte del vestiario del defunto (bracciali, anelli, cinturoni, fibule
ecc.) o armi se si trattava di un uomo di rango elevato. Le tombe non
avevano assi o impalcature di legno e le pietre erano poste
direttamente sul morto e sul suo corredo. La deposizione inizia
nell’età del Ferro e sono quattro le categorie di tombe: la prima
presenta tombe molto omogenee tra loro nella tipologia del corredo e
non presenta contatti con il mondo marittimo del bacino del
Mediterraneo; la seconda presenta nel corredo tombale oggetti
giunti via mare: pisside sferica, sigilli, la famosa coppa fenicia.
Questo testimonia contatti con il mondo greco-orientale già nel
periodo del geometrico medio e recente ancora prima cioè del
movimento coloniale greco che portò alla fondazione di Sibari nel
708-707 a.C.; nella terza categoria sono presenti oggetti
d’importazione Corinzia e d’imitazione coloniale; nella quarta le
tombe sono a fossa con sviluppo a spirale (seconda metà del VII° e
VI° secolo a.C.).
Provincia: Crotone
Comune: Cirò Marina
Coordinate Gps: 39°23'47" N - 17°8'47" E
Tel: +39 0962 37 00 56
Periodo di apertura: tutti i giorni
Orario: dalle 9.00 fino all'imbrunire
Ingresso: libero
Sul promontorio di Punta Alice,
località in agro del comune di Cirò Marina, sono stati rinvenuti
nel 1924 i resti di un grande tempio dorico, risalente al VI° secolo
a.C. e dedicato ad Apollo Aleo, dall'eroe tessalo Filottete, che
secondo leggenda, ivi consacrò le sue frecce ad Eracle dopo la
vittoriosa guerra di Troia. Che fosse già presente un'area di culto
non strutturata, almeno dalla fine del VII° secolo a.C, sembra
confermato da una serie di manufatti tipici quali l'idoletto
schematico in argento, il kouros dedalico e la statuina fittile di
tipo locrese. Distante poco più di 20 km da Crotone, l'area
archeologica di Punta Alice potrebbe rappresentare un'area sacra
pre-coloniale, inglobata dai greci in epoca arcaica. In origine il
tempio dovette essere costituito da una cella (naos) lunga 27 metri e
larga quasi 8, completamente aperta sul lato orientale e divisa in
due navate da un colonnato, di cui restano le basi lapidee. La
struttura, rimase in uso fino alla fine del IV° secolo a.C., momento
in cui si pone la trasformazione, ad opera dei Bretti, del tempio in
un periptero dorico di maggiori dimensioni (46x19), completamente in
pietra, circondato da otto colonne sui lati brevi e diciannove su
quelli lunghi. Tra i materiali rinvenuti nell'area emergono offerte
votive del periodo arcaico al Tempio di Apollo, parti marmoree
dell'Acrolito di Apollo, anch'esse di epoca arcaica, testa, piedi e
mano sinistra, esposte al Museo Archeologico di Reggio Calabria.
PARCO ARCHEOLOGICO DI BROGLIO
Provincia: Cosenza
Comune: Trebisacce
Tel: +39 338 92 74 049 / +39 349 57 50 752
Sito web: www.parcoarcheologicodibroglio.it
Periodo di apertura: tutti i giorni (su prenotazione)
Orario: dalle 9.00-12.30; dalle 16.30 fino al tramonto (Giugno-Settembre)
Ingresso: libero
L'abitato protostorico di Broglio di
Trebisacce sorge su un'altura a sperone protesa sulla pianura di
Sibari, con una superficie complessiva di circa 11 ettari. La sua
morfologia è articolata in diversi terrazzi e alture isolate (ad
esempio il pianoro dell'Acropoli e la collina del Castello), che
sicuramente hanno costituito, nei mille anni di vita del sito, un
sistema relativo a un unico insediamento. L'insieme unitario di
pianori risulta ben delimitato e difeso naturalmente su tre lati: a
nord e a est dalla profonda incisione del canale Marzuca, mentre a
sud-ovest dal ripido pendio verso l'ampia fiumara del Saraceno. La
posizione elevata (circa 150-180 m.) rispetto alla pianura garantiva
un ottimo controllo della linea di costa e di buona parte del
territorio circostante. Una via di accesso al sito si snodava dal
canale Marzuca, dove tuttora esiste una sorgente che doveva essere
usata per approvvigionare di acqua l'abitato, fino alla sella che
collega il sito alle alture retrostanti. La casa centrale, anche
detta casa dei bevitori, rappresenta l'abitazione meglio conservata
finora rinvenuta a Broglio, e senza dubbio uno dei complessi più
interessanti della protostoria dell'Italia meridionale. La casa fu
costruita nel Bronzo recente, all'interno di un gradone di
terrazzamento già realizzato per edificarvi le capanne nel Bronzo
medio (1700-1350 a.C.). La pianta era a ferro di cavallo, con la
porta a Est e l'abside a Ovest. La porta era preceduta da una soglia
lastricata in pietrame; il pavimento di terra battuta si trovava a
quota più bassa di essa, leggermente seminterrato. Le pareti erano
di canniccio intonacato di argilla, steso tra i montanti perimetrali,
costituiti da robusti pali piantati nel terreno a circa 3 metri l'uno
dall'altro; quasi a metà della casa, due pali interni poggiati su
pietre piatte sostenevano il tetto. La zona fuoco era vicina al
centro, e comprendeva una piastra di focolare in argilla battuta e un
piccolo forno fisso.